Liturgia
– Commento della Settimana
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XII Settimana del Tempo Ordinario
Commento di Paolo Curtaz

Lunedì 20 Giugno > (Feria – Verde) | Lunedì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) 2Re 17,5-8.13-15.18 Sal 59 Mt 7,1-5: Togli prima la trave dal tuo occhio. |
Martedì 21 Giugno > (Memoria – Bianco) | San Luigi Gonzaga 2Re 19,9-11.14-21.31-35.36 Sal 47 Mt 7,6.12-14: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. |
Mercoledì 22 Giugno > (Feria – Verde) | Mercoledì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) 2Re 22,8-13;23,1-3 Sal 118 Mt 7,15-20: Dai loro frutti li riconoscerete. |
Mercoledì 22 Giugno > (SOLENNITA’ – Bianco) | NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA (Messa della Vigilia) Ger 1,4-10 Sal 70 1Pt 1,8-12 Lc 1,5-17: Ti darà un figlio e tu lo chiamerai Giovanni. |
Giovedì 23 Giugno > (SOLENNITA’ – Bianco) | NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA (Messa del Giorno) Is 49,1-6 Sal 138 At 13,22-26 Lc 1,57-66.80: Giovanni è il suo nome. |
Venerdì 24 Giugno > (SOLENNITA’ – Bianco) | SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ (ANNO C) Ez 34,11-16 Sal 22 Rm 5,5-11 Lc 15,3-7: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. |
Sabato 25 Giugno > (Memoria – Bianco) | Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria Is 61,10-11 1Sam 2,1.4-8 Lc 2,41-51: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. |
Domenica 26 Giugno > (DOMENICA – Verde) | XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) 1Re 19,16.19-21 Sal 15 Gal 5,1.13-18 Lc 9,51-62: Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ti seguirò ovunque tu vada. |
Lunedì della XII settimana del Tempo Ordinario
Mt 7,1-5: Togli prima la trave dal tuo occhio.
Il rischio di passare da un eccesso all’altro è sempre presente nella Chiesa. Veniamo da un passato in cui si giudicava con severità ogni atteggiamento, e il confine fra etica e pettegolezzo era molto labile. Una severità che, pur partendo da buone intenzioni, finiva col far diventare il cristianesimo una religione intollerante e giudicante. Oggi, in tempi di buonismo, si è passati ad un atteggiamento uguale e contrario: Dio è talmente buono da non occuparsi affatto del nostro comportamento. Come se la fede e la vita concreta non avessero punti di contatto. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: Dio non è un severo sanzionatorie e nemmeno babbo Natale… Il cristiano è chiamato a giudicare, non a spettegolare!, secondo la logica di Dio che vede sempre la parte positiva e propositiva, che va in cerca della pecora perduta, ma che richiama alle proprie responsabilità il peccatore. Far finta di niente non è affatto un atteggiamento amorevole… Dio riesce ad essere nel contempo accogliente ed esigente per farci uscire dalle secche in cui areniamo la nostra santità. Da lui impariamo a giudicarci e a giudicare.
Martedì 21 giugno – San Luigi Gonzaga
Luigi, primogenito del marchese di Mantova, nacque il 9 marzo 1568. Era un ragazzo vivace, impaziente, senza complessi, amava il gioco e si divertiva. La madre, Marta Tana di Chieri, gli insegnò a orientare decisamente la sua vita a Dio. E con la sua tenacia vi riuscì. Ricevuta la prima volta l’Eucaristia da san Carlo Borromeo, coltivò una forte unione con Gesù.
La grazia fece di lui un santo di grande dominio di sé, interamente votato alla carità. Il suo segreto di eroismo è la preghiera; già a 12 anni aveva deciso di dedicare 5 ore al giorno alla meditazione. Si sentì attratto alla vita religiosa. Col coraggio delle sue convinzioni, vinse l’opposizione del padre, rinunciò alla primogenitura e a 16 anni entrò nella Compagnia di Gesù, avendo a maestro spirituale san Roberto Bellarmino.
Lui, che riusciva bene negli affari, si dà assai più allo studio, alla preghiera, alla carità: mira alle missioni e al martirio. Gliene venne l’occasione, ma diversa da quelle sognate: scoppiò la peste e Luigi si prodigò talmente che la contrasse e ne morì il 21 giugno 1591 a soli 23 anni.
Catechista coi ragazzi, premuroso con i poveri e i malati, fatto tutto a tutti: modello e protettore dei giovani che vogliono vivere la propria fede in Cristo.
Martedì della XII settimana del Tempo Ordinario
Mt 7,6.12-14: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
Siamo chiamati a giudicare noi stessi e gli altri come Dio fa: con amorevolezza e autenticità. Il discepolo, prima di giudicare gli altri, guarda ai propri limiti, riconosce la trave che gli impedisce di vedere bene… Ma, nel contempo, sa distinguere bene chi gli sta intorno. Siamo chiamati ad essere un libro aperto, autentici e schietti, accoglienti e disponibili, certo, ma anche a riconoscere chi, travestendosi da pecora, è invece un lupo rapace. Anche nelle nostre comunità ci sono persone poco centrate che abusano della nostra disponibilità e pretendono un’amicizia e un’intimità di relazione poco trasparente. Penso che Gesù intenda proprio questo quando chiede ai suoi di non dare le perle ai porci. Ci sono persone con cui è impossibile parlare efficacemente di Dio. Altre che lo fanno solo in spirito polemico e provocatorio. Altre che si nascondono dietro alla fede per non vedere i propri limiti e il percorso di crescita che dovrebbero affrontare. Non è certo facile destreggiarsi fra prudenza e disponibilità, ma è possibile e necessario. Una porta stretta che ci fa crescere nello spirito evangelico, senza diventare insignificanti o inutilmente ingenui.
Mercoledì della XII settimana del Tempo Ordinario
Mt 7,15-20: Dai loro frutti li riconoscerete.
Dai loro frutti li riconoscerete. Il detto di Gesù, talmente importante da essere ripreso due volte da Matteo in poche righe, diventa uno strumento molto importante per il discernimento delle persone di fede che incontriamo. Oggi, grazie alla capillare diffusione dei media, il mondo (anche cattolico) è davvero diventato piccolo e possiamo conoscere molte proposte interessanti, molti accattivanti progetti, molti predicatori affascinanti. Negli ultimi decenni abbiamo visto crescere nuove forme di aggregazione ecclesiale: movimenti, rivelazioni private, carismi… Come giudicare tutte queste novità? Il criterio è sempre lo stesso: dai frutti. Nessun rovo produce succosa uva da tavola! Così possiamo vedere se la fede proposta porta a frutti di conversione, di pace interiore, di operosa carità, di perdono. Ma se questo è vero possiamo anche dire il contrario!, ci sono persone che producono abbondanti frutti di bene e di luce pur non dichiarandosi apertamente credenti. Il vangelo di oggi, insomma, ci spinge a superare gli stereotipi, a non fermarci alle apparenze, così diffuse fra noi cristiani!, per andare all’essenziale, per restare concreti.
Mercoledì 23 Giugno (SOLENNITA’ – Bianco)
NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA (Messa della Vigilia)
Lc 1,5-17: Ti darà un figlio e tu lo chiamerai Giovanni.
Giovanni è l’unico santo, insieme a Maria, di cui si festeggia la nascita. Ciò accade per sottolinearne l’importanza e il ruolo, spesso marginale nella nostra attuale sensibilità di fede. Gesù stesso ha innalzato la sua figura, definendolo il più grande uomo mai nato da donna. Un modello ed un esempio, quindi, da proporre ad ogni discepolo. Eppure, a guardare bene la sua storia, si resta colpiti dalle tante difficoltà che ha dovuto affrontare e anche delle fatiche interiori che ha vissute. Abbiamo la falsa idea che un santo sia una persona cui tutto funziona, che vive sempre a contatto con Dio. Giovanni, invece, ha dovuto affrontare il dubbio della fede quando, dopo avere dedicato l’intera vita alla predicazione della venuta del Messia, ha dovuto convertirsi al modello di Messia inaugurato da Gesù. Non so voi, ma io farei una fatica immensa a dovermi rimettere in discussione dopo avere dedicato tutta la mia vita, con grande sacrificio, a seguire una strada! E se il grande Giovanni, prigioniero a Macheronte, ha sentito il bisogno di mandare dei discepoli a chiedere a Gesù se non si fosse sbagliato, non mi spavento se anch’io mi pongo la stessa domanda…
Giovedì 24 giugno (SOLENNITA’ – Bianco)
NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA (Messa del Giorno)
Lc 1,57-66.80: Giovanni è il suo nome.
Oggi la Chiesa celebra la nascita di Giovanni il battezzatore, l’unico santo, insieme a Maria, di cui si celebra il compleanno. La sua figura è stata talmente importante da meritare questo onore riservato a pochissimi!
Ci sono persone che rendono onore alla razza umana, uomini e donne che nelle loro scelte e nel loro operato ci fanno sentire orgogliosi di appartenervi. Giovanni è sicuramente fra questi: chiamato fin da bambino ad assumere un ruolo scomodo, quello del profeta, ha vissuto questo compito con grande serietà, diventando il punto di riferimento per un intero popolo alla ricerca di Dio. Ricerca che la rinata classe sacerdotale, sorta intorno al tempio in costruzione, evidentemente non riusciva a soddisfare. Quanta credibilità deve dimostrare un profeta per convincere migliaia di persone a scendere nel deserto per ascoltare una sua parola? Eppure anche per noi oggi è così: la fame e la sete di infinito che portiamo nel cuore ci spingono alla ricerca di parole che possono orientare le nostre scelte. Sempre più spesso, purtroppo, la nostra ricerca si indirizza verso parole poco credibili, bizzarre, stregonesche. Sul bisogno di felicità che portiamo nel cuore la società contemporanea ha costruito un intero sistema finanziario. Ciò che ci è necessario è, invece, una parola che ci conduca a Dio, che vada dritto all’essenziale. Una Parola di cui Giovanni è diventato voce.
Giovanni è riconosciuto come il più grande fra i profeti. Certo: il suo stile è ancora tutto legato ai profeti del primo testamento che minacciavano punizione e giudizio implacabile e ha dovuto faticare non poco per riconoscere nel Nazareno il vero volto del Messia così diverso da come egli stesso si era immaginato. E la Parola di oggi ci incoraggia a riconoscere i tanti profeti che ancora camminano in mezzo a noi. Non indossano pelli di cammello e nemmeno mangiano locuste, spesso non sanno nemmeno di essere strumento di Dio e, cosa più paradossale, non si considerano affatto dei profeti! Come discernere i veri profeti? In questi nostri tempi assetati, chiunque prometta un po’ di pace, una guarigione, interiore od esteriore, chiunque millanti una conoscenza particolare della fede attira attorno a sé persone sofferenti che danno loro fiducia e credito. Ma, quasi sempre, sono dei millantatori, persone poco equilibrate o interiormente poco affidabili. Come riconoscerli? È Gesù stesso a stabilire un criterio: osservando i frutti. Se la loro è una vita in sintonia col vangelo, allora possiamo fidarci.
Giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario
Mt 7,21-29: La casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia.
No, non ci bastano le parole. Abbiamo bisogno di parole credibili, pronunciate da persone che vivono ciò che dicono. La folla è ammirata da Gesù perché, diversamente dagli uomini religiosi del suo tempo, fa ciò che dice. Perciò la sua parola è autorevole, ascoltata e accolta. Così per noi: non basta professarsi cristiani per esserlo davvero, non basta dirsi credenti per vivere da discepoli. Anche le nostre parole, anche le mie, possono diventare sterili e teoriche manifestazioni di cultura teologica. La Parola che Dio pronuncia diventa il fondamento di ogni nostra scelta, di ogni nostra decisione. Poiché abbiamo scoperto che la volontà di Dio è tutto ciò che ci può costruire perché ci conduce all’essenziale di noi stessi, su tale volontà, espressa anzitutto attraverso la Scrittura, fondiamo la casa della nostra vita. Allora né tempeste, né affanni, né preoccupazioni, e nemmeno il nostro peccato possono far crollare ciò che è costruito a partire dalla Parola di Dio. Interroghiamoci, oggi, su quanto il Vangelo che meditiamo quotidianamente abbia scavato in noi stessi, colmando i nostri abissi di solitudine e aprendoci alla speranza.
Venerdì 24 Giugno (SOLENNITA’ – Bianco) SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ (ANNO C)
Lc 15,3-7: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta.
È una festa di origine devozionale, legata ad una apparizione a Paray-le-Monial eppure attinge ad una verità semplice e intensa: al centro della nostra fede c’è l’amore di Cristo.
Dobbiamo togliere lo zucchero e i riferimenti ottocenteschi da questa festa, lasciar perdere le stucchevoli immagini del Gesù biondo dallo sguardo languido che apre la tunica per mostrare un cuore da cui si dipartono raggi luminosi. Immagini che hanno colpito la fede dei nostri nonni ma che fatichiamo ad accogliere nella nostra sensibilità contemporanea. Eppure, al di là della rappresentazione iconica, la verità di questa festa è enorme: Cristo ci ha amati e ci ama intensamente, senza compromessi, con forza, con fedeltà. Se siamo cristiani è perché abbiamo scoperto di essere amati in maniera adulta, senza ricatti, senza suscitare sensi di colpa, con libertà. E dall’amore di Cristo abbiamo scoperto l’amore del Padre, attraverso il Maestro siamo giunti a conoscere il vero volto di Dio. Amore concreto, quello di Cristo, affatto emotivo, saldo e ponderato. Le sue scelte, il suo donarsi definitivo sulla croce, l’andare fino in fondo, amando chi non lo amava, consegnandosi alla volontà omicida dell’umanità, ridefiniscono il concetto di amore e di sacrificio. Sia l’amore che abbiamo ricevuto al centro della nostra giornata lavorativa. Siamo amati. Possiamo amare.
Venerdì della XII settimana del Tempo Ordinario
Mt 8,1-4: Se vuoi, puoi purificarmi.
Lo voglio! Con questa perentoria affermazione Gesù accoglie il lebbroso che chiede di essere purificato. Purificato, prima ancora di essere guarito, perché la lebbra era ancora vissuta come una punizione divina a causa dei peccati commessi. Una visione di Dio drammatica che, pure, ancora oggi alberga nel cuore di molti, anche cristiani. Davanti alle disgrazie della vita, ai fallimenti, alle malattie, istintivamente ci viene da pensare di essere puniti da Dio per qualche colpa o incongruenza. Perciò il lebbroso vive la propria malattia con enorme senso di colpa, e manifesta il suo urgente bisogno di purificazione, la sua impellente necessità di cambiamento. Perciò Gesù lo accoglie e lo ascolta ed esprime con forza il suo desiderio: egli vuole che quest’uomo sia purificato! Dio desidera che il nostro cuore diventi puro, cioè che si liberi dalle tenebre e dalle ombre che ci provengono dal peccato o dall’inconscio o dal nostro passato. Dio desidera ardentemente che superiamo ogni senso di colpa, ogni senso di fallimento e inadeguatezza per recuperare, infine, la nostra dignità. E tornare ad essere liberi.
Sabato 25 Giugno (Memoria – Bianco) Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria
Lc 2,41-51: Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo.
È un cuore di madre, quello di Maria; un cuore che ama il figlio, come ogni madre che assecondi la sua natura profonda di accoglienza, datrice di vita, portatrice di futuro. Ma il cuore di Maria asseconda la volontà del Figlio anche se non ne capisce tutta la profonda drammaticità. Il brano di Luca, che ci porta indietro, agli inizi del ìpercorso interiore di Maria, ci consegna una profezia di sofferenza. Sofferenza come quella di tutti i genitori che vivono la propria simbiosi con i figli, anche. Ma soprattutto sofferenza che deriva dal condividere in toto l’iniziativa di Cristo disposto a morire per annunciare l’autentico volto del Padre. Maria ama suo figlio ma non lo costringe, non lo ricatta, non lo possiede. Le madri sanno quanto sia difficile tagliare il cordone ombelicale, non quello fisico, ma quello molto più profondo che portano nell’anima. Maria, a Cana, recide quel legame per donare Gesù al mondo. Non è mai stato veramente suo, lo è ancora meno quando inizia la sua vita pubblica. Impariamo da questa donna ad amare bene, da adulti, senza possedere, senza ricattare, senza legare. Maria ci insegni la vera libertà che è figlia dell’amore adulto.
Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario
Mt 8,5-17: Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe.
Matteo raccontando gli episodi di guarigione ripresi dall’evangelista Marco, aggiunge un dettaglio, cita il profeta Isaia per sottolineare l’atteggiamento di Gesù che, come Messia, si fa carico della sofferenza del mondo. È una riflessione opportuna che ci aiuta a capire il senso delle guarigioni operate da Gesù: il Signore non è un santone che cerca notorietà ma, attraverso la guarigione, manifesta il vero volto di un Dio che compatisce la sofferenza degli uomini. Perché, allora, non evita la sofferenza agli innocenti? La Bibbia non offre risposte a questa domanda, ma indica l’atteggiamento di Gesù, figlio di Dio, che accoglie le persone ammalate, offre loro un orizzonte di speranza, a volte le guarisce nel corpo, sempre le guarisce nell’anima. Nella doppia guarigione del vangelo di oggi Matteo sottolinea anzitutto la fede del pagano: sono il suo desiderio e la sua bontà d’animo, non chiede la guarigione per sé ma per un suo servo, che attuano la guarigione. È vero: la bontà degli altri e la loro attenzione gratuita sono un sollievo da qualunque sofferenza. La suocera di Pietro è guarita per servire Gesù e i suoi discepoli. Siamo guariti per metterci a servizio del Regno.