La Via Crucis delle camere a gas
Stavo tornando a casa, in macchina. Un rientro come tanti, ma pieno del ricordo della splendida sequenza delle tele di Duda Gracz, sul Golgota di Jasna Gora: una testimonianza straordinaria di fede e di dolore.
Le stazioni della tradizionale via Crucis sono state rilette dall’artista polacco alla luce della storia d’Europa, e in particolare della Polonia, dell’ultimo secolo. La terza caduta impressiona. Riandavo con la mente a quei volti caricaturali, intensi, sofferenti eppure segnati da sguardi ancora speranzosi, nonostante tutto…
Nello scenario desolato di un asilo, Cristo cade picchiando duramente il volto sul selciato. Alle sue spalle si consuma la tragedia di una nuova strage degli innocenti: a terra i corpi di neonati seviziati a causa degli esperimenti subiti; in primo piano, bambini soldato corrono incontro a guerre delle quali neppure comprendono le logiche. Sullo sfondo le baby-schiave, o bambine-squillo, con tacchi alti, giarrettiera e sigaretta, come per un gioco infantile che le renderà vecchie di colpo. Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce, aveva riflettuto a lungo sul destino, la vocazione e il senso della presenza femminile nel mondo. Nell’ultimo istante della sua vita, a Birkenau, si sostituì a una bambina che, nel tragico conteggio casuale dello sterminio nazista, sarebbe morta nelle camere a gas.
Mi rendo conto improvvisamente dello spessore profetico di quel gesto. Ripenso al pedofilo dagli occhiali neri e mi viene da piangere: ma dove stiamo andando? Cosa stiamo facendo con le migliaia di embrioni congelati in attesa di uteri anonimi che, come forni di carne, li consegnino a una vita senza radici? Che ne sarà di loro? Quali domande saliranno alla giovane coscienza di queste creature di Dio? Alzo gli occhi: sul ciglio della strada una prostituta giovanissima, forse tredicenne, vende il proprio corpo al primo venuto. Si è truccata molto bene per apparire grande ma, come le bimbe di Duda Gracz, è tradita dall’imbarazzo e dallo sguardo smarrito e tremante. Ecco l’esito del nostro progresso!
Jerzy Duda Gracz l’aveva già compreso. Oggi pregherò con i miei amici ebrei, oggi chiederò perdono, oggi inviterò tutti a chiedere perdono perché, davvero, non sappiamo quello che stiamo facendo! Il Cristo di Duda Gracz ha la faccia affondata nel terreno esattamente come uno dei feti sullo sfondo. Ecco il dolore innocente che ci salverà! Quello dei bambini e delle bambine sofferenti. Un giorno giudicheremo gli angeli, è vero, ma noi saremo giudicati dai bambini violati. Che i loro sguardi non ci sorprendano impreparati, che le loro domande ci trovino pronti, carichi di pentimento e di testimonianza.
A cura di Gloria Riva
Dentro la bellezza
Avvenire 13/10/2016
Il grido dei mass-media e il silenzio eloquente di Cristo
Mi arriva sul cellulare un audio. Ascolto distrattamente, come di fronte alle mille provocazioni mandate dagli amici non sempre utili. Di solito neppure ascolto, cancello. Questa volta no. Qualcosa mi spinge a continuare. Mi sorprende e mi lacera il cuore la voce rotta di un vescovo del Nicaragua, amico di amici, mentre narra l’inenarrabile.
Perché tacciamo? Perché i mezzi di comunicazione, tanto efficaci e indispensabili, non danno voce a questi pastori della Chiesa che gridano per la strage di molti cristiani. Perché al mondo occidentale la parola cristianofobia sembra assurda e gonfiata da non si sa quale propaganda, mentre centinaia di vescovi ne comprovano la drammatica verità.
La Via crucis scritta con il pennello e la memoria da Duda Gracz nel 2000 resta tristemente profetica. Doveva essere la rivisitazione del Calvario della Chiesa nel XX secolo e invece si rivela ora profezia di nuovi interminabili calvari. Sì, siamo muti, come chi assiste alla condanna di Cristo. Muti come l’agnello mansueto condotto al macello che se ne sta accovacciato ai piedi di Cristo in attesa del sacrificio. Il giudizio viene dai grandi della storia ed è amplificato dai mass media. Sono loro i nuovi profeti delle masse. Sono loro, riflettori microfoni e telecamere, ad accendersi sopra un mondo martoriato. La giustizia non è ridotta al silenzio, è accecata. Può parlare ancora, ma deve dire solo ciò che conviene ai profeti, ciò che è politicamente corretto, per questo le bendano gli occhi. Un giudice, infatti, siede sullo scranno: bendato, può parlare. Il suo abito è da un lato la toga tipica dei giudici polacchi, dall’altro un abito religioso. Egli, come Pilato, sta sul trono degli accusatori e una donna, religiosa ma assoldata al potere, porge il catino per lavarsi la coscienza da quel sangue innocente. Sul lato opposto un’altra donna grida al cielo con le mani giunte e si fa eco delle grida cristiane che salgono dal Nicaragua, dal Pakistan, dal Siria, dal Sud Sudan e da mille altri luoghi del nostro globo che consegnano gli ultimi due secoli a un ineguagliabile primato. E dove non c’è persecuzione cruenta ecco sorgere un nuovo martirio: quello imposto dal politically correct, che pretende di asservire anche la fede. La venditrice di patate ostenta la sua bilancia vuota, segno di una giustizia sterile. Non si accorge che Cristo con il suo silenzio e il suo manto scarlatto s’impone sulla scena e rende sbiaditi tutti gli altisonanti microfoni del mondo.
L’agnello immolato è ritto, vincitore proprio nel momento della sconfitta e ci invita a restare fuori dalla Babele delle voci e delle luci alla ribalta. Chiede di stargli dietro, come l’uomo e la donna in primo piano. L’uno porta la candela, l’altra un libro di preghiera. Sequela, fede e preghiera ci salveranno. Cessiamo quanto più è possibile di ascoltare gli amplificatori di menzogna: fake news, bufale, fotomontaggi, esecuzioni filmate ed ascoltiamo, nel silenzio dell’anima e della preghiera, il grido dei nostri fratelli, simile a quello del vescovo nicaraguense che ancora risuona nelle mie orecchie. Anche noi, al pari dei nostri figli, tutti presi dalla mania del digitare, stiamo dimenticando l’abc dell’essere cristiani, cui la coppia in primo piano ci rimanda: stare dietro a Cristo sostenuti dalla forza della famiglia, della preghiera, della fede. Sì, solo la luce della fede conosce: Non sapete o cristiani, direbbe Paolo, che giudicherete gli angeli? Quanto più le cose di questa vita! (1 Cor 6,3).
Gloria Riva
Dentro la Bellezza
Avvenire 26 luglio 2018