Lectio divina sull’Apocalisse – Sergio Carrarini

L’APOCALISSE DI GIOVANNI (4)
MARANA THA, VIENI SIGNORE GESÙ
UNA LETTURA DI FEDE DELLA STORIA CHE APRE ALLA SPERANZA, ALLA LODE A CRISTO E FONDA UNA PRASSI DI RESISTENZA ALL’ IMPERO E AI SUOI IDOLI
COMMENTO E ATTUALIZZAZIONE A CURA DI DON SERGIO CARRARINI

IL MONDO NUOVO
Capitoli 20-22

La distruzione di Babilonia, del mostro e della bestia segnano la fine di una incarnazione storica del drago. Ma lo spirito del male resta ancora vivo nel mondo e la lotta continua fino alla sua sconfitta definitiva e alla realizzazione della città nuova dove esiste solo il bene. Il regno dei mille anni e l’ultimo grande impero

Il capitolo 20 presenta, con simboli di difficile e controversa interpretazione, il tempo che intercorre dalla caduta dell’impero romano alla fine del mondo. E’ descritto come un tempo nel quale c’è un predominio di Cristo e dei santi (la Chiesa?), che possono regnare sulla terra perché lo spirito del male è incatenato e non riesce a sostenere nuovi mostri e nuove bestie con delle pretese universali. Però il drago non è vinto e il tempo della Chiesa sarà ancora segnato da lotte e da nuovi imperi e ideologie, fino all’apparire dell’ultimo grande impero universale che segnerà la fine del mondo e la sconfitta definitiva del drago.

Questo capitolo è il cavallo di battaglia dei gruppi millenaristi, in particolare dei Testimoni di Geova, che ne fanno il centro del loro annuncio. Anche le sette, in espansione nei paesi del Sud del mondo, interpretano gli avvenimenti attuali sotto questa luce. La storia, infatti, si presta a facili agganci: l’impero cristiano nel primo millennio, il predominio delle Chiese sul mondo laico, la parzialità e la fragilità di regni, dittature e ideologie vissute nei secoli più recenti. Ma bisogna stare bene attenti a non confondere una profezia sul destino futuro dell’umanità, con un suo troppo immediato riferimento (ad uso moralistico) a fatti di cronaca o di storia politica.

Leggiamo solo la prima parte del capitolo (20,1-6), cercando di cogliere il senso di alcuni simboli.

Poi vidi scendere dal cielo un angelo che teneva in mano la chiave del mondo sotterraneo e una lunga catena. L’angelo afferrò il drago, il serpente antico, cioè Satana, il diavolo, e lo incatenò per mille anni, lo gettò nel mondo sotterraneo, ne chiuse l’entrata e la sigillò sopra di lui. Così il drago non avrebbe più ingannato nessuno per mille anni. Alla fine dei mille anni, però, deve essere sciolto per un periodo di tempo. Poi vidi, seduti in trono, coloro che Dio ha incaricato di giudicare: vidi le anime dei decapitati, uccisi perché si erano messi dalla parte di Gesù e della parola di Dio, e vidi quelli che non si erano mai inginocchiati davanti al mostro e alla sua statua e non hanno avuto il suo marchio segnato sulla fronte o sulla mano. Tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni. Gli altri morti non tornarono in vita finché non furono passati i mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beati quanti partecipano alla prima risurrezione! Essi appartengono al Signore, e la seconda morte non ha nessun potere su di loro; anzi, essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo, e regneranno con lui per mille anni.

Il drago incatenato: lo spirito del male non ha più potere assoluto. Il mondo non sarà più guidato solo dal demone del potere e dell’interesse, anche se questo spirito sarà sempre in agguato nelle persone e nelle istituzioni (anche nella Chiesa) perché non è vinto, ma solo incatenato, frenato.

Il regno dei mille anni: questa controversa immagine dei martiri risorti che regnano sulla terra con Cristo per mille anni sembra voler descrivere il tempo della Chiesa, tempo nel quale prevalgono i valori dello spirito. I Santi, che sono già risorti e vivono con Cristo in cielo, sostengono e ispirano i credenti sulla terra nella loro lotta contro il male. E’ la comunione dei Santi nella sua dimensione di rapporto con i viventi sulla terra. Mille anni indica un tempo lungo, ma limitato, con un termine.

La sconfitta di Satana: verso la fine dei tempi lo spirito del male tornerà ad avere il sopravvento nel mondo e creerà un nuovo impero universale (Gog e Magog = Oriente e Occidente?) che coinvolgerà tutti i popoli e tornerà a perseguitare violentemente la Chiesa (assediare il campo). Ancora una volta, però, il raggiungimento del potere universale e assoluto coinciderà con la sua stessa fine.

Tutto, comunque, resta molto nel vago. In questa visione degli ultimi tempi e di un potere che coinvolge tutti i popoli e assedia i credenti, si potrebbe vedere molto bene un segno della trionfante cultura liberista che diventa universale e crea il villaggio globale. Anche la secolarizzazione assedia tutte le religioni e il riferimento stesso alla trascendenza è messo in discussione dal prevalere del libero mercato e dalle sue ferree leggi. Siamo agli inizi dell’ultimo grande impero mondiale? Anche se l’ipotesi può sembrare suggestiva e trovare molta eco nelle paure collettive delle persone e dei gruppi millenaristi, questi versetti non si possono leggere in modo così preciso e attualizzante.

Il trono bianco: è il simbolo del giudizio finale di Dio sulla storia e sulla vita di ogni persona. Tutti saranno giudicati in base a ciò che avranno fatto nella vita. Giovanni ripropone qui la visione classica della giustizia distributiva applicata anche al giudizio di Dio: chi è vissuto per dare vita, avrà vita; chi è vissuto per dare morte, avrà morte (i libri e il libro della vita). Resta sempre presente e irrisolto il rapporto tra la prima e la seconda morte (come quello misterioso tra la prima e la seconda risurrezione); tra il giudizio di condanna di chi ha fatto il male e la misericordia infinita di Dio che vuole salvi tutti gli uomini; tra l’ostinazione degli uomini e del drago nel fare il male e l’ancor più tenace volontà di Dio di salvarli; tra il lago di fuoco che sembra strapieno di gente e il giardino della pace che sembra retaggio di pochi eletti. Nel continuo fluttuare tra l’accentuazione di un aspetto o di un altro ci troviamo anche noi e le nostre comunità. Lasciamo perciò a Dio, e al nostro incontro con lui, la scoperta del modo con il quale saprà realizzare il suo progetto di salvezza e scioglierà questo dilemma che è della nostra piccola intelligenza, non della sua.

I nuovi cieli e la nuova terra

Resta, però, ancora una domanda: “Come sarà il mondo futuro promesso da Dio e per il quale stiamo lottando? Cosa ci aspetta?”. Per lottare e resistere bisogna avere un progetto da realizzare, un sogno in cui credere con tutte le forze. Giovanni ripropone allora alle sue Chiese perseguitate il sogno del Paradiso Terrestre, quel sogno con il quale si era aperta la Bibbia. Ripropone le promesse fatte da Dio nel corso della storia del popolo ebreo (Alleanze, Profeti, Salmi), fino a quelle fatte da Gesù stesso nella sua missione e riprese con frequenza negli scritti del Nuovo Testamento.

Anche qui leggiamo solo la prima parte del capitolo (21,1-8) e approfondiamo le immagini presentate.

Allora io vidi un nuovo cielo e una nuova terra – il primo cielo e la prima terra erano spariti, e il mare non c’era più – e vidi venire dal cielo, da parte di Dio, la santa città, la nuova Gerusalemme, ornata come una sposa pronta per andare incontro allo sposo. Una voce forte che veniva dal trono esclamò: “Ecco l’abitazione di Dio fra gli uomini; essi saranno suo popolo ed egli sarà “Dio con loro”. Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. La morte non ci sarà più. Non ci sarà più né lutto né pianto né dolore. Il mondo di prima è scomparso per sempre”. Allora Dio dal suo trono disse: “Ora faccio nuova ogni cosa”. Poi mi disse: “Scrivi, perché ciò che dico è vero e degno di essere creduto”. E aggiunse: “E’ fatto. Io sono l’Inizio e la Fine, il Primo e l’Ultimo. A chi ha sete io darò gratuitamente l’acqua della vita. Ai vincitori toccherà questa parte dei beni. Io sarò loro Dio, ed essi saranno miei figli. Ma i vigliacchi, i miscredenti, i depravati, gli assassini, gli svergognati, i ciarlatani, gli idolatri e tutti i bugiardi andranno a finire nel lago ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte”.

Il mondo nuovo e la nuova Gerusalemme di cui Giovanni parla nel capitolo 21 sono realtà finali, oltre la storia; vengono dal cielo (donate da Dio), ma scendono sulla terra, cioè hanno anche una dimensione umana. Ritorna il tema del già e del non ancora del regno di Dio proclamato da Gesù. Nella storia ci sono già le premesse e i germi del Regno, ma la realizzazione piena sarà futura. Il grande progetto “Dal caos all’armonia”, abbozzato nei primi capitoli della Genesi e ridefinito da Gesù di Nazaret nel Discorso della Montagna, troverà la sua piena attuazione al suo ritorno nella gloria, quando finalmente non ci saranno più Chiese e Imperi, violenze e idolatrie, sofferenza e morte, ma ci saranno pace, amore, fraternità, perché Dio sarà tutto in tutti.

Ecco le immagini.

Un nuovo cielo e una nuova terra: è una nuova creazione dove non c’è il più il male (mare), non c’è più la paura (notte), non c’è più la sofferenza (lacrime). Non è più questo mondo segnato dal peccato e dalle sue conseguenze. Sono sempre un cielo e una terra, però plasmati dal bene, perché è Dio stesso che asciuga le lacrime; è lui la luce; lui dà l’acqua della vita; lui è l’Inizio e il Termine. In questo mondo rinnovato Dio è il progettista e il realizzatore della nuova umanità, sposa di Cristo, abitazione accogliente di Dio tra gli uomini, nuova Alleanza siglata nel dono d’amore di Cristo che rende gli uomini figli di Dio e dona gratuitamente il perdono e la pace.

Oggi, purtroppo, questo sogno-attesa è proclamato solo dalle sette e dai gruppi carismatici. Le Chiese ufficiali si sono così bene adattate a questo mondo e ai suoi poteri che hanno completamente perso la dimensione di attesa trepidante e gioiosa di un cielo e una terra nuovi, di una speranza che sia più grande dell’espandersi e consolidarsi delle Chiese stesse e della loro influenza sulla società.

La nuova Gerusalemme è la Chiesa sia nella sua dimensione celeste (viene dal cielo), sia nella sua dimensione terrena. E’ la sposa, perché il rapporto con Dio è fondato sull’amore e il servizio, e non più solo sulle leggi e sui riti. E’ perfetta e bella (misure e pietre preziose), perché è realizzata da Dio e rispecchia la perfezione di Dio. E’ aperta a tutti (12 porte), perché non fonda una religione, ma una fede, un rapporto d’amore con il Dio della vita e tutti coloro che amano e servono la vita possono abitarla. Non ha tempio, perché il rapporto con Dio è interiore, personale, diretto e non più mediato dai segni del sacro. Centro e perno della città è Dio e il rapporto diretto con lui in spirito e verità, nella pienezza di luce e di vita.

Questa sarà la meta anche di tutte le religioni, le culture e le ricerche degli uomini (porte sempre aperte). Qui si innesta tutto il discorso sulla dimensione ecumenica e di dialogo inter-religioso di cui oggi si parla, ma che sembra restare meta ed esperienza di piccole minoranze e non certo progetto delle Chiese e delle grandi religioni.

Questo sogno, riproposto ancora una volta ai credenti, è un dono offerto gratuitamente da Dio, ma richiede anche l’accoglienza e l’adesione delle persone (niente di impuro vi entrerà). E’ dono e insieme scelta, realtà futura e insieme cammino della vita di fede di ogni giorno e di ogni persona che cerca di essere fedele a Dio.

Ma le nostre comunità sanno ancora sognare? Noi stessi e le nostre Chiese siamo portatori di questa speranza e del progetto di Dio sulla storia? Perché le paure sono più forti del coraggio che viene dalla fede e dalla presenza del Risorto nella sua Chiesa?

L’attesa del ritorno del Signore

Il libro dell’Apocalisse si chiude come era iniziato, con un dialogo liturgico tra Giovanni e l’angelo. Alla fine di questo lungo giorno del Signore, di questa domenica di meditazione e preghiera biblica che ha portato Giovanni e le sue comunità a togliere il velo sul senso della storia e a riaccendere la fede e la speranza, quale dono custodire gelosamente nella memoria personale e collettiva? Quale atteggiamento da tradurre in vita quotidiana?

Riprendendo varie immagini disseminate nel libro, Giovanni sottolinea alcuni atteggiamenti fondamentali per i resistenti delle Chiese perseguitate. Leggiamo la parte conclusiva del capitolo (22,6-21) e commentiamo le ultime immagini.

L’angelo mi disse: “Queste parole sono vere e degne di fede. Il Signore, che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per far vedere, a quelli che lo servono, tutto ciò che deve accadere tra poco”. Gesù dice: “Io sto per venire. Beato chi prende a cuore il messaggio di Dio contenuto in questo libro!”. Io, Giovanni, ho udito e veduto queste cose. Dopo averle udite e vedute, mi inginocchiai ai piedi dell’angelo, che me le aveva mostrate, per adorarlo. Ma l’angelo mi disse: “Non farlo! Io sono un servitore di Dio come te e come i tuoi fratelli, i profeti che annunziano la parola di Dio, e come quelli che prendono a cuore il messaggio di questo libro. Inginocchiati solo davanti a Dio”. Poi aggiunse: “Non tenere segreto il messaggio profetico di questo libro, perché il tempo è vicino. I malvagi continuino pure a praticare l’ingiustizia, e gli uomini impuri a vivere nell’impurità; chi fa il bene continui a farlo, e chi appartiene al Signore si consacri sempre più a lui. Io verrò presto e porterò la ricompensa da dare a ciascuno, secondo le sue opere. Io sono il Primo e l’Ultimo, l’Inizio e la Fine, l’Origine e il Punto di arrivo. Beati quelli che lavano i loro abiti nel sangue dell’agnello: essi potranno cogliere i frutti dell’albero che dà la vita e potranno entrare nella città di Dio attraverso le sue porte. Fuori i cani, i maghi, i porci, gli assassini, gli idolatri e tutti quelli che amano e praticano la menzogna. Io, Gesù ho mandato il mio angelo a portarvi questo messaggio per le chiese. Io sono il germoglio e la discendenza di Davide, la splendida stella del mattino”. Lo Spirito e la sposa dell’Agnello dicono: “Vieni!”. Chi ascolta queste cose dica: “Vieni!”. Chi ha sete venga: chi vuole l’acqua che dà la vita ne beva gratuitamente! Io, Giovanni, dichiaro questo a chiunque ascolta il messaggio profetico di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio lo colpirà con i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa al messaggio di questo libro profetico, Dio lo escluderà dall’albero che dà la vita e dalla città santa che sono descritti in questo libro. Gesù conferma la verità di questo messaggio e dice: “Sì, sto per venire”. Amen. Vieni, Signore Gesù! La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen. Beato chi prende a cuore il messaggio di Dio contenuto in questo libro!

L’Apocalisse è un dono di Dio per la comunità e deve essere meditato spesso. C’è dentro una grande ricchezza per la Chiesa di ogni tempo. Riprende la beatitudine evangelica di chi ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica.

Inginocchiati solo davanti a Dio! Il credente non deve mai piegare il ginocchio davanti a nessuna persona, neanche davanti ai profeti, neanche davanti alla gerarchia religiosa, e tanto meno davanti ai potenti della terra. Nessun santo o profeta; nessun fondatore o carismatico; nessuna apparizione o rivelazione; nessuna ideologia o mito devono prendere il posto di Dio. Il credente trova nel suo rapporto con Dio la forza di essere veramente una persona libera e coraggiosa.

Non tenere segreto il messaggio: la lettura di fede della storia non deve restare un fatto da iniziati, da élite religiosa o da piccolo gruppo di praticanti o di persone che seguono i Movimenti, ma è una parola di giudizio e di speranza che va gridata dai tetti e va annunciata a tutti gli uomini.

I malvagi continuino pure a praticare l’ingiustizia e gli impuri a vivere nell’impurità: ai credenti non è affidato il compito di cambiare il mondo, di impedire in ogni modo il male o di far finire la fame, le ingiustizie, le guerre, lo sfruttamento. Il male e il bene ci saranno sempre e sempre ci sarà lotta tra loro.

Questa constatazione, però, non deve portare alla rassegnazione deresponsabilizzante, ma alla resistenza perseverante: chi fa il bene continui a farlo. Ai credenti è chiesto di essere sentinelle che annunciano il giudizio di Dio sul mondo e testimoni che ne anticipano la realtà con la loro vita, con una radicalità sempre più grande di amore e di adesione a Dio, proprio di fronte al dilagare del male e dell’idolatria: chi appartiene al Signore si consacri sempre di più a lui.

Non siamo salvatori del mondo (solo Cristo è Salvatore), ma testimoni dell’amore misericordioso di Dio per gli uomini; non siamo giudici (solo Dio è giudice), ma profeti del giudizio salvifico di Dio.

L’Apocalisse – e con essa tutta la Rivelazione cristiana scritta – si chiude con un’ultima, immagine di Cristo: Io sono il germoglio e la discendenza di Davide, la splendida stella del mattino. L’immagine del germoglio indicano che qualcosa di nuovo sta nascendo, che un’alba nuova di luce e di pace sta sorgendo sul mondo perché il Signore sta per tornare come Salvatore glorioso.

Da questa contemplazione gioiosa scaturisce un grido, che risuona di bocca in bocca e che dovrebbe caratterizzare sempre la preghiera delle Chiese e dei credenti: Vieni, Signore Gesù! Ritorna presto!

Da questa contemplazione orante scaturisce anche un invito: Chi ha sete venga: chi vuole l’acqua che dà la vita ne beva gratuitamente! Riprendendo Isaia 55,1-3 e Gv 7,37 il profeta prende atto che c’è un grande scarto fra la speranza annunciata da Gesù Cristo e la realtà della vita quotidiana. Da qui l’inestinguibile sete del credente e di ogni uomo di buona volontà che cerca il bene e i valori dello spirito. L’acqua della vita, data con abbondanza e gratuità, è lo Spirito Santo, che ispira il bene ad ogni persona; sono la Parola e i Sacramenti, che alimentano la vita delle comunità cristiane.

Vieni, Signore Gesù: la sete dell’umanità, e di tutti i resistenti che lottano e muoiono per fedeltà al bene, sarà appagata in modo definitivo dalla comunione piena con il Signore Risorto attraverso lo Spirito Santo, sorgente che zampilla per la vita eterna. Il punto omega a cui tende la storia è questo incontro con Cristo che realizzerà la salvezza definitiva. Allora sarà pronunciato l’ultimo Amen che riporterà l’intero universo nelle braccia amorose di chi lo ha creato e redento.

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