XXXIV Settimana del Tempo Ordinario (anno pari)

Testo word Lectio sul libro dell’Apocalisse – Carrarini (3)
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Apocalisse 3

L’APOCALISSE DI GIOVANNI (3)
MARANA THA, VIENI SIGNORE GESÙ

UNA LETTURA DI FEDE DELLA STORIA
CHE APRE ALLA SPERANZA, ALLA LODE A CRISTO
E FONDA UNA PRASSI DI RESISTENZA ALL’ IMPERO E AI SUOI IDOLI

COMMENTO E ATTUALIZZAZIONE A CURA DI DON SERGIO CARRARINI

SULLA FINE DELL’IMPERO ROMANO
(Capitoli 12-19)

La seconda parte dell’Apocalisse (cap. 12-22) sembra aggiunta al libretto preesistente durante la persecuzione di Domiziano. Vuole rispondere a un interrogativo delle comunità: Ma quando arriva questa liberazione? Quando entreremo nella terra promessa? Giovanni sente che la lettura di fede in chiave esodica non basta più: bisogna arrivare alle estreme conseguenze nel giudizio sulla storia. Non basta più dire: La persecuzione finirà! Un giorno ci sarà la riconciliazione: Roma riconoscerà i suoi errori e accoglierà i cristiani. Avremo i nostri spazi di convivenza con le altre religioni. No! L’annuncio deve essere radicale e definitivo: l’impero sarà abbattuto da Dio perché ha sfidato il Signore, usurpandone il posto. Così il potere è diventato emanazione non di Dio, ma di Satana.

Giovanni rilancia quella visione apocalittica che era fortemente presente nel messaggio predicato da Gesù e nelle attese delle comunità cristiane fino alla distruzione di Gerusalemme e del tempio nel 70 d.C. Questo contraddice – almeno in parte – la visione accogliente e giustificativa del potere di Roma che gli evangelisti mettono in bocca a Gesù (Gv 19,11; Mt 22,21). La stessa benevolenza verso i romani la ritroviamo negli Atti e nei ripetuti inviti a obbedire e stare sottomessi alle autorità, compreso l’imperatore, presenti nelle Lettere (1Pt 2,11-17; Tit 3,1-2; Rom 13,1-7).

I tre segni (12-16)

Con l’apparizione dell’Arca dell’Alleanza nel santuario è finita la sezione delle trombe e inizia quella dei segni (cap 12-14), che introduce al giudizio finale di Dio sulla storia con la profezia della vittoria del bene sul male (i 144.000, cioè la Chiesa su Babilonia, cioè l’impero romano) e il ritorno definitivo di Cristo (Figlio dell’uomo). La persecuzione di Domiziano (89-95 d.C.), la più violenta e capillare, viene vista come la lotta finale che precede la caduta di Roma. La grande tribolazione è il segno della pazzia di Roma e della pazienza di Dio che ormai è giunta al limite. I cristiani devono interpretare questi fatti come segni, per poter resistere fino alla fine (la costanza e la beatitudine).

La lotta tra la donna e il drago (12,1-18)

Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna che sembrava vestita di sole, con una corona di dodici stelle in capo, e la luna sotto i suoi piedi. Stava per dare alla luce un bambino e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Un altro segno apparve nel cielo: un drago enorme, rosso fuoco, con sette teste e dieci corna. Su ogni testa aveva un diadema, e la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le scagliava sulla terra. Il drago si pose di fronte alla donna che stava per partorire: voleva divorare il bambino appena fosse nato. La donna dette alla luce un maschio: egli dovrà governare tutte le nazioni con un bastone di ferro. Quel figlio fu rapito e portato verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, in un posto preparato da Dio. Là doveva trovare ospitalità per milleduecentosessanta giorni.

Poi scoppiò una guerra nel cielo: da una parte Michele e i suoi angeli, dall’altra il drago e i suoi angeli. Ma questi furono sconfitti, e non ci fu più posto per loro nel cielo, e il drago fu scaraventato fuori. Il grande drago, cioè il serpente antico, che si chiama Diavolo e Satana, ed è il seduttore del mondo, fu gettato sulla terra, e anche i suoi angeli furono gettati giù.

Udii allora una voce forte che gridava nel cielo: “Ora è il tempo della salvezza, ora il regno del nostro Dio viene con forza, e il suo Cristo prende il potere, perché è stato sconfitto l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li incolpava giorno e notte dinanzi a Dio. Essi lo hanno vinto con il sacrificio dell’Agnello e con la parola che hanno annunziato. Non hanno risparmiato la loro vita neppure di fronte alla morte. Esultate, dunque, o cieli, e voi che li abitate! Povera terra, invece, e povero mare! Il diavolo è piombato fra voi pieno di furore, perché sa che non gli resta più molto tempo”.

Quando il drago si rese conto di essere stato gettato sulla terra, cominciò a perseguitare la donna che aveva dato alla luce il bambino. Ma la donna ricevette due grandi ali d’aquila, per allontanarsi dal serpente, e volò al suo rifugio nel deserto. Là rimase in pace per tre anni e mezzo. Il serpente vomitò dalla sua bocca una fiumana d’acqua, dietro alla donna, per farla portar via dalla corrente. Ma la terra venne in suo aiuto: aprì la bocca e inghiottì il fiume che il drago aveva vomitato. Infuriato con la donna il drago andò a far guerra contro gli altri figli di lei: quelli che mettono in pratica i comandamenti di Dio e rimangono fedeli a ciò che Gesù ha annunziato. E il drago si fermò sulla riva del mare.

Questo segno reinterpreta la pagina della Genesi sulla lotta tra la donna e il serpente (Gn 3,15). E’ la lotta, sempre viva, tra il bene e il male, tra i figli delle tenebre e i figli della luce. Come nella Genesi si preannunciava la vittoria dei figli della donna su quelli del serpente, così qui si contempla la vittoria di Cristo, già avvenuta, come fondamento di speranza per la futura vittoria dei credenti.

La donna vestita di sole rappresenta Israele, il popolo di Dio del Primo Testamento, e in particolare tutti quei credenti, il resto fedele a Dio (vestita di sole), che hanno atteso e preparato la venuta del Messia (maschio che governa). Diventa anche simbolo della Chiesa che soffre la persecuzione e vive il nuovo esodo nel deserto, dopo la morte e la risurrezione di Cristo (figlio rapito in cielo).

Il drago è identificato col serpente della Genesi e indica la forza ispiratrice del male. Le immagini suggeriscono ferocia (drago), sete di sangue (rosso), grande potenza (corno). E’ la personificazione del male che ispira i poteri umani (diadema), spia gli uomini e li accusa presso Dio (vedi Giobbe).

Il vero significato di questo segno, però, non sono le due figure in se stesse, ma la lotta tra loro. Questa lotta si svolge in due fasi e in due campi di battaglia:

  • la lotta in cielo, dove è già avvenuta la vittoria di Dio. Satana è già stato sconfitto da Cristo che ha salvato l’umanità una volta per sempre col suo dono d’amore. L’immagine della lotta tra gli angeli si rifà a Daniele 10, ma richiama anche Lc 10,18 e Gv 12,31.

  • la lotta sulla terra, dove lo spirito del male, Satana, ha ancora potere sul cuore degli uomini. Sapendosi già sconfitto, sfoga tutta la sua rabbia (come il leone affamato di 1Pt 5,8) sul bambino, sulla donna e sui figli della donna, ma il suo furore è vano perché essi sono protetti da Dio. Il tempo del drago poi è breve, limitato (tre anni e mezzo); solo chi è unito a Cristo saprà resistere e vincere il drago e tutte le sue incarnazioni nei poteri umani.

Il mostro che viene dal mare (13,1-10)

Vidi allora un mostro che saliva dal mare. Aveva sette teste e dieci corna. Su ogni corno portava un diadema, e su ogni testa era scritto un nome che era una bestemmia. Il mostro era simile a una pantera. Aveva zampe come quelle di un orso, e una bocca come la bocca del leone. Il drago gli affidò il suo potere, il suo trono e una grande autorità. Una delle teste del mostro sembrava mortalmente colpita, ma la ferita mortale fu guarita. Allora tutta la terra fu presa da meraviglia e ubbidì al mostro. Tutti adorarono il drago, perché aveva dato l’autorità al mostro, e si inginocchiarono davanti al mostro dicendo: “Chi è simile al mostro e chi potrà mai combattere contro di lui?”.

Al mostro fu concesso di dire parole arroganti e di insultare Dio, ed ebbe il potere di far questo per quarantadue mesi. Il mostro cominciò a parlare e a offendere Dio, a maledire il suo nome, a insultare il tempio e tutti quelli che sono nel cielo; e gli fu permesso di far guerra contro quelli che appartengono al Signore e di vincerli; gli fu dato potere sopra ogni razza, popolo, lingua o nazione. Davanti a lui si inginocchieranno gli abitanti della terra, che non hanno il loro nome scritto fin dalla creazione del mondo nel libro della vita, che appartiene all’Agnello che è stato sgozzato.

Chi è in grado di udire ascolti: Chi deve andare in prigionia, andrà certamente in prigionia; chi deve essere ucciso di spada, sarà certamente ucciso di spada. Qui si vedrà la fermezza e la fede di quanti appartengono al Signore.

Il secondo segno evoca immagini prese dal libro di Daniele e dal 4 libro di Esdra e indica l’Impero romano. La descrizione è volutamente generica per simboleggiare ogni forma di potere umano che si propone come un assoluto e pretende di mettersi al posto di Dio.

La lettura di fede di Giovanni è precisa e categorica: il potere è emanazione del drago e non di Dio. Ogni ideologia e ogni potere che si fanno assoluti, sono emanazione e incarnazione dello spirito del male e diventano scimmiottatura di Dio e di Cristo, diventano Anticristo. L’Apocalisse porta alle sue estreme conseguenze la critica al potere fatta da Gesù durante la sua vita (Mt 20,25-27). E’ la stessa radicalità di denuncia vissuta da tutti i martiri di ogni potere politico o religioso.

Le incarnazioni storiche del mostro sono innumerevoli e noi stessi ne abbiamo viste alcune: dai totalitarismi fascisti a quelli comunisti; dall’integralismo religioso terrorista al populismo razzista; dalle dittature militari alla dittatura del libero mercato che domina attualmente il mondo globale. Cambiano i nomi e le forme, ma le caratteristiche sono sempre quelle descritte in questo capitolo:

  • saliva dal mare: il potere nasce da fatti negativi e si consolida attraverso soprusi e violenze;

  • sette teste e dieci corna: il potere tende ad essere illimitato, a conglobare tutto sotto di sé;

  • nome che è una bestemmia: il potere, anche quello eletto dal popolo, ha spesso la pretesa di essere un assoluto e di diventare l’unico criterio di valore delle scelte e della verità;

  • guarire: il potere ha spesso la capacità di riciclarsi dopo ogni crisi, cambiando le forme e i nomi;

  • parole arroganti: l’arroganza del potere che si sente invincibile e adorato-temuto da tutti;

  • far guerra ai fedeli: la persecuzione o l’emarginazione di quelli che lo contrastano o lo criticano.

I credenti devono sapere che la forza, la grandezza e lo splendore del potere umano sono di origine demoniaca, nonostante le cose positive e i segni spettacolari che realizza e nonostante spesso abbia anche il consenso della gente. La sua forza però è limitata e il suo tempo breve (tre anni e mezzo), perché il potere non può durare sempre e ha in se stesso i germi della sua rovina. Per questo bisogna prepararsi a resistere perché chi deve andare in prigionia, andrà certamente in prigionia; chi deve essere ucciso, sarà certamente ucciso. Non si può convertire il potere, cambiare la società fondata sul potere, usare il potere per fini buoni, per fare il bene. Bisogna resistere al potere con la forza della fede e con la fermezza che viene dalla certezza che ogni potere umano cadrà. La vittoria finale è di Cristo e non del drago o dei vari mostri da lui generati lungo il corso della storia.

La bestia che viene dalla terra (13,11-18)

Dopo il mostro vidi un’altra bestia che saliva su dalla terra. Aveva due corna come quelle di un agnello, e una voce come quella di un drago. Essa esercita tutto il potere del mostro in sua presenza, e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare, come un dio, il mostro guarito dalla sua ferita mortale. La bestia fa grandi miracoli: fa persino scendere fuoco dal cielo sulla terra, davanti agli occhi della gente. Con i miracoli che ha il potere di fare alla presenza del mostro, inganna gli abitanti della terra, ordinando loro di fare una statua al mostro, che vive nonostante la ferita di spada. La bestia ebbe il potere di dare la vita alla statua del mostro, perché potesse parlare e far uccidere tutti coloro che non lo adoravano. La bestia fece mettere un marchio sulla mano destra e sulla fronte di tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome del mostro o il numero che corrisponde al suo nome. Qui ci vuole saggezza. Chi è intelligente calcoli il significato del numero del mostro, il numero che corrisponde a un uomo. Il numero è seicentosessantasei.

Il terzo segno continua il precedente, ma rappresenta un potere inferiore perché creato dal mostro. La bestia che sale dalla terra, infatti, appoggia il mostro e rappresenta l’ideologia che sorregge il potere e lo giustifica agli occhi della gente. Qui simboleggia la religione di Roma, con tutto il suo corredo di sacerdoti, maghi, indovini, riti e culti che appoggiavano la pretesa dell’imperatore di essere Dio e celebravano Roma come la grande madre delle genti, la città eterna che porta nel mondo la pax romana. Essa sale dalla terra perché è creata dall’uomo e, più in generale, rappresenta quei falsi profeti di cui parlava Gesù di Nazaret (Mt 7,15-20; 24,10-25), che si presentano in veste di agnelli, ma parlano come il drago e sono a servizio del mostro. Gesù stesso avvertiva che i falsi profeti potevano fare segni anche più grandi di quelli che aveva fatto lui, più appariscenti di quelli che realizza il bene, ma il fine è sempre di appoggiare e consolidare il potere costituito.

La bestia è ogni ideologia, religione, struttura, persona o gruppo che è a servizio del potere, inganna la gente e la tiene sottomessa con la paura e i ricatti economici e morali. Anche le Chiese possono svolgere questa funzione quando agiscono con criteri di potere, di compromesso, di paura di perdere privilegi, opere sociali, influenza sulla gente. Molte lotte e sofferenze sul ruolo storico delle Chiese e sulla loro compromissione col potere politico le abbiamo vissute anche nella nostra storia recente, oltre che in un triste e non ancora dimenticato passato. La stessa storia ci ha insegnato (e ci sta ancora insegnando) quanto potere hanno sulle scelte di vita delle persone anche l’informazione, la pubblicità, i mass media, con la loro forza di persuasione, di promozione del mercato (il marchio sulla mano destra e sulla fronte) e di cambiamento dei costumi. Oggi la politica, l’informazione e la tecnologia sono a servizio del potere economico, che è la vera incarnazione del mostro (il numero 666 rappresenta il massimo dell’impostura: tre nove rovesciati).

non o Il capitolo 14 riprende l’immagine dei 144.000 – già presente nel capitolo 7 – che rappresenta tutti i martiri che hanno superato la prova della vita. Riassumiamo le caratteristiche di questi resistenti:

  • Portano scritto in fronte il nome dell’Agnello: è la fedeltà al Battesimo fino al dono della vita, fino a essere segnati con il segno di Cristo, con il segno della croce e della risurrezione (veste e palma).

  • Sono puri come vergini: non tanto in senso fisico, quanto nel senso di non aver tradito la fede, non aver ceduto al fascino dell’idolo, non essersi prostituiti al potere per salvarsi la vita o far carriera.

  • Seguono l’Agnello dovunque vada: vivono secondo gli insegnamenti di Cristo, alla sua sequela e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario. Vivono nell’amore di condivisione e di servizio verso le persone, in particolare verso i piccoli, gli ultimi, i sofferenti, gli esclusi, che sono il tempio di Dio sulla terra, l’icona di Cristo, coloro nei quali si è identificato.

  • Sono primizia di un popolo che diventerà numeroso. Il loro martirio è vero sacrificio a Dio, la vera Eucaristia celebrata nella vita, come è stata l’Ultima Cena di Cristo, dono della sua vita al Padre.

  • Non c’è menzogna nel loro parlare, nel loro modo di vivere la missione e di annunciare il Vangelo. Non ci sono doppi fini, doppia faccia o compromessi tra Dio e i soldi, tra Dio e il potere, tra parole e fatti, tra esigenze di fedeltà al messaggio ed esigenze dell’istituzione e delle strutture.

  • Qui deve mostrarsi la costanza di quelli che appartengono al Signore: devono resistere fino alla fine. Anche oggi i resistenti, le persone che cercano una coerenza di vita e lottano per una società più giusta e più fraterna sono una minoranza, spesso derisa e scoraggiata. Sono però una speranza anche per la massa che ha ceduto all’ideologia consumistica e al mostro del liberismo imperante.

I capitoli 15-16 presentano le sette coppe che riprendono le piaghe, già meditate nei capitoli 8-9.

La fine di Roma e del suo impero (17-19)

Con i capitoli 17-19 entriamo nella parte conclusiva dell’Apocalisse. Giovanni non parla più di fatti avvenuti, ma di ciò che, nella fede e sull’esperienza di quanto successo in passato alle grandi civiltà, prevede avverrà anche a Roma e al suo impero. Come Gesù aveva ripreso immagini bibliche della distruzione di varie città antiche per parlare della fine di Gerusalemme, così Giovanni usa le stesse immagini applicandole a Roma e al tempo che precede la fine del mondo e il ritorno di Cristo. Evidentemente lascia molte zone d’ombra e descrive dei passaggi che ci restano oscuri. Cerchiamo di cogliere il messaggio essenziale di questi capitoli, attraverso le tante immagini bibliche usate.

La grande prostituta (17,1-18)

Con l’annuncio del castigo di Roma inizia il giudizio definitivo di Dio sul male. Mentre prima Giovanni partiva dalla radice del male (il drago) per scoprirne le incarnazioni storiche (il mostro e la bestia), ora parte dalla sconfitta di una incarnazione storica (la nuova Babilonia che è Roma) e la vede come il segno che anticipa e rende certa la sconfitta definitiva del male profondo (Satana).

  • Ti farò vedere è un’anticipazione profetica di ciò che, in realtà, è accaduto circa 200 anni dopo. Certamente questa lettura di fede prospettica a lungo raggio non appagherebbe il nostro bisogno di vedere subito, in tempo reale. Ma i tempi di Dio non sono i nostri, come non lo sono le sue vie e il suo modo di leggere la storia attraverso la croce e il sepolcro vuoto. Qui emerge la grande difficoltà, anzi spesso il rifiuto, della nostra generazione di guardare al futuro, di leggere la storia in modo prospettico e di accogliere promesse che non siano sperimentabili e ben ancorate al presente.

  • La donna seduta sul mostro è Roma, capitale dell’impero, adagiata sui sette colli, ricca e potente perché sostenuta dal mostro. Nel periodo degli imperatori viveva l’apice del suo splendore e della sua potenza politica, economica e militare. Era la signora incontrastata del mondo mediterraneo e tutti i vari regni e potentati minori la osannavano e stringevano alleanze – per paura o per interesse – in un’antica globalizzazione del mercato, della violenza, della lingua, della cultura, della religione.

  • Qui Roma è chiamata: la madre delle prostituzioni perché il culto dell’imperatore e di moltissimi dèi era considerato come una prostituzione. Roma era celebrata come la dea madre mentre, per il cristiano, è la madre di ogni male. E’ paragonata a Babilonia perché, per gli ebrei, Babilonia-Babele era un nome simbolo del potere che va contro Dio. I Babilonesi, infatti, avevano distrutto il tempio.

  • Roma è ubriaca del sangue del popolo di Dio e del sangue di quelli che sono morti per la fede in Gesù, perché i romani hanno distrutto Gerusalemme e il tempio, hanno deportato il popolo ebreo e ora stanno perseguitando i cristiani. Inoltre si vantano e godono della loro violenza e spietatezza.

  • Il mostro dalle sette teste e dieci corna, che prima indicava l’impero, ora raffigura un imperatore crudele (sembra Nerone) che era sfuggito a un grave attentato. La gente credeva che fosse tornato a rivivere in Domiziano, altrettanto pazzo, megalomane, sanguinario e persecutore dei cristiani. Le dieci corna sembra rappresentino i re vassalli di Roma che appoggiavano l’impero e avevano esteso la persecuzione anche nei loro territori, per compiacere Roma. Il potere intreccia tutto un sistema di alleanze e ricatti per estendersi e consolidarsi, ma proprio questo diventa il suo punto debole, perché il mostro e le dieci corna odieranno la prostituta. Roma viveva alle spalle dei popoli sottomessi. Il suo potere e il suo lusso erano frutto di violenza e d’ingiustizia, ma generavano anche l’odio e la rivolta dei popoli sfruttati. L’arroganza e la pazzia dei suoi capi (mostro) e la rivolta dei popoli soggetti (10 re) porteranno Roma alla distruzione, come era già avvenuto per tutti i grandi imperi del passato e come avverrà anche per gli imperi di oggi e del futuro.

La distruzione di Roma (18,1-24)

Dopo aver “tolto il velo” sulla vera natura di Roma e aver evidenziato i meccanismi che avrebbero portato alla sua rovina, Giovanni ne descrive profeticamente la caduta (succederà 200 anni dopo). Riprendendo immagini bibliche della distruzione di Tiro, di Ninive, di Gerusalemme e di Babilonia, costruisce un dramma. Non si descrive la distruzione di Roma, ma si mettono in scena vari attori che gioiscono o si lamentano di questo fatto, considerandolo già avvenuto Ci sono sei scene:

  • Un angelo: annuncia con gioia la caduta e l’abbandono della città. Rappresenta i credenti che vivono questo fatto come una liberazione, una festa.

  • Una voce dal cielo: è Cristo che ricorda alle comunità ciò che aveva detto ai suoi discepoli riguardo alla fine di Gerusalemme. I credenti devono prendere le distanze dal modo di vivere e di pensare di Roma; non devono farsi sedurre dalla sua grandezza, dimenticando che l’unico assoluto è Dio. L’invito all’odio e alla vendetta è l’espressione delle sofferenze patite e di una giustizia di Dio che deve trovare delle manifestazioni anche in questo mondo.

  • I re della terra: sono i potenti, i cortigiani, i burocrati che vivono e prosperano all’ombra del potere centrale. Sembrano increduli, impreparati e si lamentano perché la caduta di Roma per loro è una rovina, anche se loro stessi vi hanno contribuito. E’ la storia, sempre attuale, dei partiti, dei politicanti, dei servizi segreti e di tutti gli intrallazzatori di ogni regime.

  • I mercanti: un altro gruppo, oggi paragonabile all’alta finanza, che prospera sulla stabilità dei regimi e la libertà dei mercati. Ciò permette loro di accumulare ingenti ricchezze a danno dei popoli poveri; di creare oasi di consumismo sfrenato e immensi deserti di povertà e sofferenza. Ma questo sistema crollerà: in un attimo è svanita la tua grande ricchezza.

  • I naviganti: rappresentano coloro che fanno funzionare il meccanismo (l’indotto) e creano ricchezza partecipata. Oggi possiamo pensare agli imprenditori, ai commercianti, agli artigiani. Tutti si lamentano perché è finita la sagra del facile guadagno e della bella vita.

  • Un angelo: è sempre la comunità che compie un’azione simbolica (la macina da mulino del discorso di Gesù sullo scandalo) per confermare la fine della persecuzione e la fine di un potere che creava scandalo e sofferenze non solo per i cristiani, ma per tutti i poveri.

L’inno di lode per la caduta di Roma (19,1-10)

Dopo queste cose udii una voce forte nel cielo, simile a quella di una grande folla. Diceva: “Alleluia! Al nostro Dio appartengono la salvezza, la gloria e la potenza. Egli giudica con verità e con giustizia. Ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua dissolutezza e ha vendicato i fedeli che lei aveva ucciso”. Per la seconda volta la folla dal cielo esclamò: “Alleluia! Il fumo della città in fiamme sale per sempre”. I ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono in ginocchio e adorarono Dio che siede in trono, dicendo: “Amen, Alleluia”. Poi giunse una voce dal trono: “Lodate il nostro Dio, tutti voi, piccoli e grandi, che lo servite e lo rispettate”. Udii allora una voce simile a quella di una folla numerosa, al rombo dell’oceano e allo scoppio del tuono. Diceva: “Alleluia! Il Signore, il nostro Dio, dominatore dell’universo, ha stabilito il suo regno. Rallegriamoci ed esultiamo, diamogli onore e lode, perché è venuto il momento delle nozze dell’Agnello. La sua sposa si è preparata: le è stato dato da indossare un abito splendente, di lino puro: le opere giuste di quanti appartengono al Signore”. Poi l’angelo mi disse: “Scrivi: Beati gli invitati al pranzo di nozze dell’Agnello”. E aggiunse: “Sono parole di Dio. Egli dice il vero”. Allora mi inginocchiai davanti all’angelo, per adorarlo. Ma egli mi disse: “Che fai? Io sono un servitore, come te e come i tuoi fratelli che rimangono fedeli alla testimonianza portata da Gesù. E’ Dio che devi adorare”. Infatti questa testimonianza di Gesù è la forza della nostra predicazione.

La definitiva caduta di Roma provoca un inno di lode da parte dei credenti. E’ l’ultimo grande inno dell’Apocalisse. Si parla sempre di folla immensa che coinvolgere tutti i credenti e tutti i giusti di ogni tempo. L’inno è tutto imperniato sull’alternarsi di coro e solista che illustra i motivi della lode e invita ad unirsi alla festa cantando ripetutamente l’alleluia. La comunità cristiana perseguitata ha infine capito il senso della storia, il vero giudizio di Dio, e torna a celebrare l’Eucaristia domenicale con rinnovata esultanza. La seconda parte dell’inno introduce già i temi che saranno sviluppati negli ultimi capitoli: le nozze dell’Agnello con la Chiesa, che diventerà così regina e non più serva, e l’invito ad adorare solo Dio e nessun’altra persona, perseverando nella fede con costanza.

La dissoluzione dell’Impero Romano (19,11-21)

L’ultima parte del capitolo descrive, con l’immagine di una grande battaglia, la dissoluzione dell’impero romano. Caduto il simbolo del potere, cade anche la struttura da esso creata, l’ideologia che lo sorreggeva e la religione che lo giustificava (falso profeta). Giovanni fa entrare in campo Gesù stesso (con le immagini già meditate in precedenza) e sottolinea molto la forza della Parola. Se la società consumistica e senza freni si autodistrugge per le sue stesse scelte (inquinamento, spreco delle risorse, crisi ricorrenti, stress, terrorismo, conflitti perpetui tra ricchi e poveri…), l’ideologia che la sorregge non può essere superata che dai valori del Vangelo, dalla riscoperta della Parola e della tradizione spirituale lasciata dalle persone e dai popoli più illuminati dell’umanità. Solo il ritorno alle fonti più genuine della sapienza (schiere su cavalli bianchi) e al Verbo Fedele e Verace (Colui che cavalca il cavallo bianco) può smascherare e ridurre all’impotenza il potere che si fa assoluto e l’ideologia che lo giustifica e tende a perpetuarsi in ricorrenti totalitarismi messianici.

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