Maria e l’Eucaristia (3)
L’offerente

presentazione di Gesù al Tempio.jpg

Vediamo ora di raccogliere in sintesi i molteplici aspetti dell’esemplarità della Vergine che emergono dalla celebrazione liturgica e dalla meditazione ecclesiale sull’episodio della presentazione di Gesù al Tempio, in particolare sul rapporto tra l’offerta della Vergine e l’oblazione eucaristica.

La meditazione ecclesiale e la celebrazione liturgica si soffermano a considerare la figura dell’offerente. Spesso accade che, in un primo momento, sul filo della narrazione lucana (Lc 2, 22), vengono ricordati i due genitori – Giuseppe e Maria –, ma poi la figura di san Giuseppe scompare progressivamente e la Vergine Maria diviene la protagonista assoluta dell’offerta.

Ma la liturgia si sofferma a considerare alcune caratteristiche della personalità di Maria nel momento in cui compie l’offerta del Figlio. Ella è là, presso l’altare del sacrificio, non come Maria di Nazaret, secondo la sola notazione anagrafica, ma come Figlia di Sion, rappresentante e personificazione del suo Popolo, e come Serva della redenzione, eccelsa cooperatrice del disegno salvifico del Padre.

Figlia di Sion

Paolo VI nell’esortazione apostolica Marialis cultus, presentando in efficace sintesi il significato della festa della presentazione al Tempio di Gesù (2 febbraio), scrive: «Anche la festa del 2 febbraio […] deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l’ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale Madre del servo sofferente di Jahvé, quale esecutrice di una missione spettante all’antico Israele» (MC 7).

Maria quindi è là, presso l’altare degli olocausti, per compiere una missione che spetta all’antico Israele: introdurre il Signore nel Tempio del Signore; condurre il Messia all’incontro con il suo Popolo; mostrare il vero Agnello pasquale, il cui sangue purificherà i peccati e, versato dalla croce, sigillerà la nuova ed eterna Alleanza tra Dio e l’umanità.

Il prefazio del formulario n° 7 della Raccolta di messe della beata Vergine Maria – Maria Vergine nella Presentazione del Signore – indica la Vergine che presenta il Figlio nel Tempio come la «Figlia di Sion»:

È lei la Vergine Figlia di Sion, che per adempiere la legge presenta nel tempio il Figlio, gloria di Israele e luce delle genti.

Maria viene identificata con la figura anticotestamentaria della Vergine Figlia di Sion: questa “donna”, rappresentazione ideale del popolo di Israele, è personificata da Maria di Nazaret: «la Vergine – scrive A.M. Serra – sintetizza nella propria persona Gerusalemme e l’intero popolo eletto. Tutto Israele si concentrava in lei, come sua espressione ottimale. In Maria di Nazaret Dio realizzava in anticipo le promesse fatte ad Abramo e alla sua discendenza (cf. Lc 1, 49a. 54-55)».

Ora, secondo il disegno divino, all’antico Israele succede, senza soluzione di continuità, il nuovo Israele. Nel Nuovo Testamento la «Figlia di Sion» è la Chiesa di Cristo, personificata anch’essa da Maria di Nazaret; la beata Vergine infatti come è culmine e consumazione dell’antico Israele, così è inizio e prototipo della Chiesa di Cristo. Come già rilevavano i teologi medievali, a Maria si applica in modo eminente ciò che la Scrittura dice della “Figlia di Sion” e della “Chiesa di Cristo”. Come queste, Maria è sposa fedele, vergine integra, madre universale, dimora sacra di Dio, creatura santa, che riflette nella vita la santità del suo Signore.

Serva (ministra) della redenzione

Il prefazio già citato descrive anche l’atteggiamento con il quale Maria presenta il Figlio al Tempio. Maria è consapevole di essere «cooperatrice e ministra del nuovo patto di salvezza»:

È lei la Vergine cooperatrice e ministra del nuovo patto di salvezza, che offre a te l’Agnello senza macchia, destinato alla croce per la nostra redenzione.

La missione che attende Maria è altissima. Il consenso della Vergine al proget¬to salvifico di Dio è accompagnato dalla sua autodefinizione quale «serva del Signore»: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). La riflessione ecclesiale ha intuito che nel cuore della Vergine quel consenso e quella autodefinizione comprendevano non solo l’accettazione della maternità divina e messianica, ma anche la dedicazione all’opera redentrice del Figlio. Di tale riflessione è autorevole documento la costituzione Lumen gentium:

«Così Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, è diventata madre di Gesù e, abbracciando con tutto l’animo e senza essere ritardata da alcun peccato, la volontà divina di salvezza, si è offerta totalmente come serva del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del mistero della redenzione sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente» (LG 56).

Il prefazio collega l’episodio lucano della presentazione di Gesù al Tempio con quello della sua crocifissione, vista in chiave giovannea di immolazione dell’agnello pasquale di cui non viene spezzato alcun osso (cf. Es 12, 46; Gv 19, 36); e attribuisce alla Madre la volontà di offrire il suo Figlio con uno scopo ben preciso: «per la nostra salvezza».

Una offerente umile e vergine

La liturgia mette in risalto non solo la missione salvifica che Maria compie presentando suo Figlio al Tempio, ma esalta anche la condizione di offerente umile e verginale. Né il Figlio né la Madre sarebbero stati tenuti a compiere i riti prescritti dalla Legge. Gesù, perché era il Figlio divino e, come tale, non era soggetto alla Legge del riscatto: egli era la libertà piena. Maria perché, in lei, che aveva concepito il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, non vi era stato nulla – nel cuore e nel corpo, nel concepimento e nel parto – di contaminato o corrotto.

Gesù accettò di essere sottoposto alla Legge, come espressione della sua adesione al progetto salvifico del Padre, nella linea evidenziata dalla Lettera Galati 4, 4-5: «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli».

Perciò Gesù accettò di essere sottoposto alla Legge, e Maria non rifiutò di essere confusa tra altre donne che, avendo concepito e partorito, avevano perduto la verginità corporale. Ma appunto per questo, per sottolineare, al di là delle apparenze, l’integrità verginale di Maria, la liturgia del 2 febbraio la esalta ripetutamente. Forse nella liturgia romana non c’è altra festa liturgica che, come quella del 2 febbraio, proclami con tanta frequenza e forza il concepimento e il parto verginale della Madre di Gesù. Maria compie la sua offerta con cuore umile e puro – la virginitas cordis – e ciò la rende ancor più gradita al cospetto di Dio.

L’offerto

L’offerto è Gesù, un bambino di appena quaranta giorni. Ma chi è quel Bambino agli occhi della Madre che lo ha generato e che ora lo presenta al Tempio? Per la liturgia non vi sono dubbi: la Madre conosce il mistero di quel Bambino. Sa che egli è:

– il Dio della gloria, per cui lo aveva adorato subito dopo averlo partorito; il Signore, che entra nel suo Tempio; il Figlio unigenito di Dio e Figlio suo; – il Dio nascosto sotto il velo della carne: il Dio del cielo e il Signore della terra, che Maria ha concepito e partorito verginalmente; – il re e lo sposo messianico, che la Vergine presenta al popolo di Israele perché lo accolga e prepari per lui il talamo nuziale; – l’uomo vero, veramente nato dal grembo di Maria, carne della sua carne, avvolto dalla materna tenerezza della Vergine; – il Salvatore di tutte le genti, il Redentore, il Liberatore, la misericordia di Dio incarnata, che per le mani della Vergine entra nel tempio del Dio della misericordia; – l’Agnello immacolato che un giorno dovrà essere immolato sulla Croce per la nostra salvezza:

È lei la Vergine cooperatrice e ministra del nuovo patto di salvezza, che offre a te l’Agnello senza macchia, destinato alla croce per la nostra redenzione.

L’offerente insieme con l’offerto

L’offerente è la Madre; l’offerto, il Figlio: un vincolo strettissimo congiunge ambedue. Lo rileva molto bene ancora il prefazio del formulario n° 7 della Raccolta di messe della beata Vergine Maria, che si riallaccia alla liturgia della Presentazione:

Così, o Padre, per tua disposizione, un solo amore associa il Figlio e la Madre, un solo dolore li congiunge, una sola volontà li sospinge: piacere a te unico e sommo bene.

Simeone aveva peraltro congiunto il Figlio e la Madre nella parola profetica, grave e inquietante, che egli aveva pronunciato per annunziare il mistero di Gesù «segno di contraddizione» e la sorte della Madre a cui una spada avrebbe trafitto l’anima (cf. Lc 2, 34-35). L’amore che associa il Figlio e la Madre va compreso, nella visuale liturgica, come associazione della Madre offerente al Figlio offerto: Maria offre il Figlio e si offre con lui; lo offre come vittima pura per la riconciliazione del genere umano; si offre come espressione della sua dedicazione all’opera redentrice del Figlio.

L’affermazione del Vaticano II, secondo cui presso la Croce la Madre «soffrì profondamente col suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata» (LG 58), ha qui nell’offerta che Maria fa del suo Figlio e di sé nell’evento salvifico della presentazione al Tempio il suo preludio. Ciò trova conferma nel prefazio del formulario n°. 26 della Raccolta di messe della beata Vergine Maria che ha quale motivo conduttore «Maria modello dell’autentico culto a Dio», dove in riferimento alla Vergine offerente si legge:

È la Vergine offerente, che presenta nel tempio il Primogenito, e presso l’albero della vita acconsente alla sua immolazione.

La distanza tuttavia tra l’offerta del Tempio e il sacrificio del Calvario è immensa: nel tempio ebbe luogo – scrive san Bernardo († 1153) – il sacrificio mattutino, in cui Gesù non fu immolato, perché al suo posto fu sacrificato un volatile; nel Calvario fu consumato il sacrificio vespertino, nel quale la vittima, Gesù, fu realmente immolata. Perché tale era la “giustizia” o progetto salvifico di Dio. Ma nel cuore della Vergine vi è una ininterrotta “linea di consenso” che va dal fiat dato in risposta all’annuncio gioioso di Gabriele, all’accoglimento dell’annuncio doloroso di Simeone, al consenso prestato presso la croce del Figlio.

Giovanni Paolo II, nella sua enciclica sull’Eucaristia afferma che tutta la vita di Maria è stata vissuta in modo eucaristico, cioè come offerta. Tenendo conto che il magistero parla dell’esemplarità di Maria proponendola come modello alla Chiesa, diventa logico per il cristiano volgere lo sguardo a lei e per vivere come lei insegna a coloro che vanno alla sua scuola. Di conseguenza anche la vita del cristiano deve essere una vita offerta, offerta a Dio che si manifesta in un andare incontro al prossimo che è in difficoltà.

Maria, con la sua esistenza ci ha anticipato un tratto importante dell’Eucaristia celebrata: essa non termina con l’invito dell’andare in pace del celebrante, ma comincia dall’invito per diventare vita vissuta, diventare vita offerta, perché ciò che non va donato, ciò che non si fa offerta, va perduto.

Gino Alberto Faccioli, ISSR “Santa Maria di Monte Berico”

Notizie